Nella scuola ci sono ottimi insegnanti che conoscono a fondo le loro materie, ma questo purtroppo non basta. Non si può, infatti, semplicemente «travasare un sapere», bisogna mettersi in gioco, entrare in relazione con i ragazzi, cercare punti di incontro, diventare i loro riferimenti.
Tutti i bambini – in particolare quelli con una storia problematica alle spalle come i minori adottati, affidati, portatori di handicap o stranieri – dovranno capire che nell’ambiente scolastico troveranno qualcuno disponibile ad ascoltarli, ad ascoltare non solo quello che sanno, ma anche quello che sentono, a valorizzare ogni diversità. E per questo le emozioni e i sentimenti degli allievi devono essere accolti e riconosciuti come aspetti strettamente legati all’esperienza e non come ostacolo o disturbo allo svolgimento del programma: solo così i ragazzi potranno aprirsi all’apprendimento che di per sé è un percorso difficile.
Gli studenti devono incontrare nella scuola una cultura che sappia rivivere, anche se antica, nel mondo contemporaneo, che soprattutto sappia offrire momenti di riflessione su loro stessi, sui loro rapporti, sulla loro realtà. Perché la cultura è viva, è ricca, può parlare ancora ai giovani, ma l’apprendimento deve avvenire non per accumulo, ma attraverso il dialogo e la relazione.
Con la passione che le è propria, Emilia De Rienzo firma un libro che non è un manuale su come gestire i rapporti in classe, ma una vera e propria riflessione per gli insegnanti e per tutti gli adulti che vogliono imparare a rapportarsi con i propri figli e capire meglio i loro problemi.
L'autrice
Emilia De Rienzo è insegnante di scuola media. Per UTET Università ha pubblicato Una famiglia in più (con F. Tonizzo e C. Saccoccio, 1994) e Storie di figli adottivi (con F. Tonizzo, C. Saccoccio e G. Viarengo, 1999); è coautrice con Claudia De Figueiredo di Anni senza vita al Cottolengo (2000).